“La violenza declinata”di Anna Silvia Angelini, è un libro che più che parlarci della violenza contro le donne, è una specie di manuale di prevenzione prima e di aiuto poi per tutte quelle donne che della violenza maschile sono vittime. Non potrebbe essere diversamente in quanto Angelini è presidente del
Centro di ascolto antiviolenza “Uscita di sicurezza”.Il libro vuole essere una profonda riflessione sulle strategie e sulle politiche di prevenzione e contrasto alla violenza maschile proprio partendo dal ruolo fondamentale che i centri antiviolenza svolgono sul territorio. Gli slogan restano tali se non si agisce in maniera incisiva e coordinata fra tutti gli attori che hanno titolo per intervenire: Regione, Comune, Asl, forze dell’ordine, tribunali, consultori, centri antiviolenza, ecc..
Quello che emerge dal libro di Angelini e che dalle parole (tante) occorre passare all’azione, come la stessa autrice fa come responsabile del Centro di Ascolto antiviolenza “Uscita di Sicurezza” di cui si occupa insieme ad un consolidato staff di professionisti, operante sul territorio di Anzio e Nettuno.
Perché il titolo “violenza declinata”? Perché la violenza può avere varie facce: il fine comune di tutte le violenze è che il più forte esercita un sopruso sul più debole, ma soprattutto che non c’è una sola violenza, quella fisica, ma può essere anche psicologica e verbale. Qualunque tipo di violenza sulle donne poi è una violenza strutturale perché basata sul genere. Ecco perché all’omicidio di donne è stato attribuito il nome di femminicidio, proprio per sottolineare che è il genere alla base della violenza. Anche qui come per i migranti si evidenzia una sostanziale differenza fra il percepito e la realtà. Infatti mentre il numero delle donne uccise si mantiene stabile, intorno alle 130 per anno, la percezione comune è che questi reati siano aumentati. Al contrario gli omicidi di uomini compiuti soprattutto dalla criminalità organizzata sono notevolmente diminuiti. Quello sul quale non si riflette abbastanza è l’uso del corpo femminile, ovvero la donna resa oggetto, merce, un corpo che viene usato nelle immagini (pensiamo a quelle della pubblicità) ma anche un corpo che viene sessualizzato nello stesso linguaggio che usiamo quotidianamente.
E allora che fare? Angelini vede nell’educazione, a partire fin da piccoli, l’unico argine ad una violenza che abita nel fondo di ciascuno di noi. Occorre che fin da piccoli ci si abitui ad accettare un no, un rifiuto, in sostanza “un limite” che poi crescendo assume l’atteggiamento del rispetto. Un limite che deve trovare spazio anche nelle relazioni d’amore: non dobbiamo ciò crescere con l’idea della dipendenza da un solo amore, fosse anche il più grande. Quante volte sentiamo frasi “per sempre”, “tu sei tutta la mia vita”e poi quando quell’amore “totalizzante” viene meno, soprattutto l’uomo crolla come un castello di carte e il mostro che è in lui prende il sopravvento: ed è violenza.
0 commenti