LE DONNE E L’INDIPENDENZA ECONOMICA: UN INVESTIMENTO PER LA VITA.
L’indipendenza personale passa prima di tutto dall’indipendenza economica.
Solo se siamo libere di andarcene e non dipendere da qualcun altro, possiamo scegliere di restare perché lo vogliamo e non perché siamo costrette.
È una verità che, oggi, a molte donne sembra scontata. Ma non lo è.
I numeri ci dicono che non è così.
Per secoli, intere generazioni di donne sono cresciute accettando di essere economicamente sottomesse al marito, l’unico in casa che potesse lavorare, nonostante nella vita di tutti i giorni, molto spesso, spettasse invece proprio a loro gestire il denaro che entrava nelle casse familiari.
Nell’era moderna, le cose sono cambiate davvero solo nel periodo della Seconda Guerra Mondiale: impegnate a sostituire al lavoro gli uomini mandati al fronte, le donne hanno capito di poter ambire anche ad altro e, da lì, si è avviato un processo di emancipazione strettamente correlato, va da sé, alla possibilità per le donne di lavorare e di disporre di denaro proprio per sé e per partecipare in modo attivo al bilancio familiare.
Una donna, per essere libera, ha bisogno di una cosa prima di tutto: soldi propri.
Non si tratta di essere venali, sia chiaro. Ognuno di noi sa che la libertà è qualcosa di molto più complesso, che passa principalmente per una condizione interiore. Ma è altrettanto facile intuire che non può esserci libertà se si dipende per le esigenze basilari (mangiare, dormire con un tetto sulla testa, crescere eventualmente dei figli).
“Claudia era una ragazza semplice, del Sud Italia. Per tutta l’adolescenza, aveva sognato il principe azzurro che l’avrebbe sottratta a una vita di sofferenze. Suo padre era un tipo violento e sua madre subiva i capricci dell’uomo che aveva sposato più per necessità che per amore. Il principe azzurro un giorno arrivò non su un cavallo bianco, bensì su una motocicletta, e lei se ne innamorò perdutamente.
Claudia aveva conseguito la terza media, non aveva un hobby, né una passione. L’unico suo desiderio era quello di sposarsi e di avere dei figli dall’uomo che credeva di amare. Voleva una famiglia, che c’era di male in questo? Le sue amiche avevano studiato, adesso lavoravano e avevano dei figli. Le guardava con ammirazione e anche, a volte, con un certo rammarico. Il suo sogno comunque si realizzò, ma quel principe azzurro aveva tutte le caratteristiche di suo padre, era un tipo violento e volubile. Claudia voleva lasciarlo ma non aveva un lavoro e non sapeva dove andare. Ritornare dai suoi genitori era improponibile, tuttavia decise di rimboccarsi le maniche, e nonostante le continue umiliazioni subite ebbe la forza di trovare un lavoro e di ricominciare da zero. Lasciò il suo finto principe azzurro e ricominciò a studiare.”
La storia che vi ho raccontato accomuna molte donne.
Credo che a prescindere dall’uomo che ci siamo scelte, ognuna di noi dovrebbe investire sul proprio futuro, cominciando dall’istruzione, unica garanzia d’indipendenza. Le statistiche dimostrano purtroppo che a subire violenze sono soprattutto le donne con un basso livello di scolarizzazione e senza un lavoro.
Ogni donna deve essere economicamente indipendente.
Rivalutare il rapporto con i soldi è di vitale importanza non solo per le donne che lavorano fuori casa ma anche per le casalinghe.
Anche se sei felicemente sposata, se ami fare la casalinga e così via, hai bisogno di imparare a gestire i soldi. Cosa succederebbe se tuo marito morisse o chiedesse il divorzio e tu ti ritrovassi a dover crescere i tuoi figli da sola?.
Una bella domanda sulla quale vi invito a riflettere.
Le competenze economiche non sono concetti così banali se pensiamo, ad esempio, che in Francia le donne hanno potuto avere un conto in banca a proprio nome solo a partire dal 13 luglio 1965, quando il governo Pompidou decise di cambiare quanto previsto dal codice civile napoleonico del 1804, ancora in vigore; prima di allora, nessuna donna sposata poteva avere soldi depositati a nome suo, e nemmeno firmare un contratto di lavoro senza che ci fosse anche l’approvazione del marito.
Parliamo di retaggi dalla chiara impronta maschilista, ovviamente, che riflettevano una cultura spiccatamente patriarcale per cui le donne non facevano altro che passare da una “proprietà ”, quella paterna, a un’altra, quella appunto del marito.